Il piatto nella rete
- per AdminPed21
- in Educatori, Educazione, Genitorialità
- on Giugno 13, 2022
L’evidente fenomeno della globalizzazione e dell’occidentalizzazione ha cambiato, tra le altre mille cose, anche le connessioni tra comportamento alimentare e comportamento sociale.
Basti pensare ai nuovi rituali di grandi e piccole occasioni e ricorrenze, sia pubbliche che private, in ogni evento speciale: nascita, matrimonio, festività. Le persone, molto spesso, quando si accomodano a tavola «postano» un’immagine della pietanza che stanno per mangiare.
Ci si era abituati alle trasmissioni televisive, che proponevano ricette di ogni tipo, adesso sono i social network, il veicolo preponderante con cui si veicolano ricette e i messaggi pubblicitari connessi.
In realtà, tutto il processo legato alla produzione e distribuzione del cibo è cambiato in rete, dalla ideazione di ricette, alle modalità di cucinarle, alla distribuzione del cibo (food delivery), alla condivisione delle pietanze a distanza.
Dagli anni 2000, il mercato del prodotto cibo si è trasformato in quello delle esperienze food. Gli individui desiderano infatti sempre più pietanze scenografiche video friendly, adatte quindi alla condivisione sui social, ma puntano anche ad una tecnologia che migliori l’efficienza, mediante, ad esempio, l’utilizzo di droni per il servizio delivery o di applicazioni a supporto dei clienti.
Si desidera vivere un’esperienza multisensoriale ed essere stupiti da cibi, divertirsi ed avere un momento da ricordare. Non solo i grandi ma anche bambini e teenager sono sempre più esposti alle esperienze legate all’alimentazione sui social media.
Uno studio coordinato dall’Università di Liverpool, svela che modelli dietetici non salutari, diffusi da personaggi influenti sui social, possono indirizzare i desideri e i gusti dei bambini.
Il fenomeno dei food blogger, rientra in un percorso che, in poco tempo, ha rivoluzionato la comunicazione alimentare – i primi blog di cucina nascono dieci anni fa – quando sconosciuti appassionati iniziano a proporre ricette e consigli per destreggiarsi ai fornelli. Quando un food blogger diventa un personaggio popolare, in grado di influenzare l’opinione pubblica, descrivendo un’esperienza culinaria con cui raccoglie molti “mi piace”, si parla di food influencer: a quel punto riceve l’attenzione di aziende e pubblicitari, che hanno visto negli influencer le persone più adatte a promuovere i loro prodotti.
Benedetta Rossi, ha iniziato circa 10 anni fa ad inserire ricette su YouTube e cosi è nata una foodstar del web, che registra 38,2 milioni di visualizzazioni. Ora diventerà un cartone animato, in sostanza da food influencer diventerà un brand. Probabilmente, la credibilità e la coerenza narrativa del personaggio, hanno determinato una chiara connotazione identitaria basata sulla costanza della narrazione, l’interattività e l’ascolto del pubblico di riferimento.
“Superbenny”, è il nome del Cartoon, in cui Benedetta incarna il suo personaggio condito da piccoli grandi problemi, è divisa tra le faccende di casa e il mondo digitale. La serie è ambientata nel suo casale di campagna con il marito Marco e il cane Cloud e gli animali dell’aia. Il cartone animato tratta due temi cari ai bambini: la cucina e gli animali.
La nascita di un cartone, rivolto ai bambini, dedicato al cibo impone una puntualizzazione sulla dimensione educativa del fenomeno, una riflessione su come Il marketing alimentare influenzi il consumo dei più piccoli utilizzando numerose tecniche persuasive per influenzarne le abitudini, le preferenze e il consumo di alimenti.
In che modo il fenomeno incide effettivamente sulle nuove generazioni?
I media influenzano le preferenze, le scelte e l’assunzione di cibo da parte dei bambini. A sostenerlo è uno studio condotto da vari ricercatori e pubblicato sulla rivista NCBI (National Center for Biotechnology Information).
L’esperimento, svolto nel 2012-2013 con un campione di bambini da 6 a 9 anni a Minneapolis-Saint Paul, ha indicato che i piccoli sono attratti dai prodotti che sponsorizzano i loro personaggi preferiti dei cartoons, scegliendo così cibi che non sempre sono associati ad un modo di mangiare salutare.
A riguardo la rivista Pediatric, ha pubblicato uno studio coordinato dalla università di Liverpool che analizza l’impatto dei videoblogger e non della pubblicità in televisione, sull’alimentazione in età pediatrica, ed evidenzia che i videoblogger non sono in grado di promuovere una dieta sana, mentre influenzano l’assunzione di cibo ricco in grassi, zucchero e sale.
Nei minuti immediatamente successivi alla visione delle immagini su Instagram, lo studio svela che modelli dietetici, non salutari, diffusi da personaggi influenti sui social, possono indirizzare i desideri e i gusti dei bambini. Inoltre, i cibi meno sani e i junk food hanno un’influenza maggiore rispetto a quella di alimenti più salutari, come frutta e verdura.
Lo studio ha coinvolto 176 bambini di età compresa tra i 9 e gli 11 anni divisi in gruppi, a cui due food influencer proponevano diversi tipi di alimentazione, quattro possibili Snack e un terzo proponeva prodotti non alimentari.
La ricerca ha evidenziato due comportamenti prevalenti: il primo è che la promozione del cibo è più penetrante rispetto ad altri prodotti, il secondo è che i bambini sono più esposti alla proposta di alimenti non sani. Ma c’è un altro risultato interessante: al contrario, osservare immagini di personaggi popolari che propongono alimenti sani, come verdura e frutta, non ha un impatto significativo nel modificare in positivo le abitudini alimentari dei bambini, spingendoli verso questi prodotti. Secondo gli esperti, che hanno partecipato allo studio, sono necessarie restrizioni maggiori e controlli, nei confronti del marketing digitale che pubblicizza i cibi malsani a cui i bambini sono esposti e ai videobloggers non dovrebbe essere permesso di promuovere nei confronti di giovani vulnerabili, alimenti non salutari, sui social media.
Nell’adolescenza abitudini alimentari scorrette e sedentarietà si associano a problematiche di vario genere, tra cui l’aumento di peso e l’obesità ed altri fattori di rischio per malattie croniche non trasmissibili, carenze nutrizionali, disturbi del comportamento alimentare.
Il comportamento alimentare è stabilito da dinamiche complesse, i cui riflessi positivi o negativi si possono ripercuotere sullo sviluppo del bambino e, più in avanti con il tempo, dell’adolescente. Sotto questo aspetto le regole e i comportamenti concreti trasmessi dai genitori assumono una importanza fondamentale nel modo in cui i figli vivono la propria alimentazione.
E’ importante dare il buon esempio ai più piccoli, anche per combattere l’obesità infantile: in Italia, fra i bambini è al 21% (la percentuale più alta d’Europa) e fra le bambine al 14% (al quarto posto in Europa).
Ma c’è un modo per veicolare dei messaggi positivi sul tema dell’alimentazione ai bambini?
Secondo uno studio statunitense pubblicato sul Journal of Nutrition Education and Behavior, parlare durante i pasti di cibo e salute, rende i più piccoli più propensi a scegliere alimenti sani. I ricercatori hanno seguito un centinaio di famiglie con bambini in età prescolare, dimostrando il valore del dialogo, portato avanti a casa, e anche a scuola.
Parlare dell’alimentazione durante i pasti può essere un buon modo per incoraggiare l’esplorazione di cibi nuovi e sani e per promuovere abitudini alimentari corrette nei bambini piccoli. L’esempio dei genitori, è un aspetto molto importante, che incide sulle abitudini alimentari, un genitore che ha un rapporto conflittuale con il cibo potrebbe trasferirlo al figlio, come al contrario, un genitore che vive il cibo con serenità, potrebbe trasmettere questa stessa sentimento al figlio, se attorno alla tavola si concentrano liti e conflitti il momento del pasto potrebbe assumere una accezione negativa.
L’importanza del tema è recepito anche dalla Convenzione sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza (Convention on the Rights of the Child – CRC), un trattato internazionale che tutela i diritti fondamentali di tutti i bambini, le bambine e gli adolescenti. La Convenzione è divenuta il trattato in materia di diritti umani con il più alto numero di ratifiche: oggi sono 196 gli Stati che si sono vincolati giuridicamente al rispetto dei diritti in essa riconosciuti.
Tra gli Obiettivi troviamo il Diritto alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo del bambino e dell’adolescente (art. 4): gli Stati devono impegnare il massimo delle risorse disponibili per tutelare la vita e il sano sviluppo dei bambini.
Il Comitato ONU sui diritti dell’infanzia emana anche la sua interpretazione del contenuto delle norme sui diritti umani, nella forma di Commenti Generali su questioni tematiche, nel Commento Generale N. 25 – Sui diritti dei minorenni in relazione all’ambiente digitale- al punto J. Pubblicità e marketing commerciale del Commento Generale ci segnala (Art 41) che se “l’ambiente digitale sta diventando sempre più rilevante per molteplici aspetti che attengono alla vita delle persone minorenni… Esso offre nuove opportunità per la realizzazione dei diritti dei minorenni, ma comporta anche dei rischi di violazione o abuso dei diritti di questi ultimi. Gli Stati parte dovrebbero vietare per legge la profilazione o il targeting di minorenni di qualsiasi età per scopi commerciali sulla base di una registrazione digitale delle loro caratteristiche effettive o “dedotte”, inclusi dati di gruppo o collettivi, o la profilazione per affinità o associazione. Alle pratiche che si basano su neuro-marketing, analisi emozionale, pubblicità immersiva e pubblicità in ambienti di realtà virtuale e aumentata per promuovere prodotti, applicazioni e servizi dovrebbe essere vietato il coinvolgimento diretto o indiretto dei minorenni.” E ancora (art.41) “Gli Stati parte dovrebbero assumere il superiore interesse del minorenne quale considerazione preminente nella regolamentazione della pubblicità e del marketing indirizzati e accessibili ai minorenni. La sponsorizzazione, l’inserimento di prodotti e tutte le altre forme di contenuto a scopo commerciale dovrebbero essere distinte in modo chiaro da tutti gli altri contenuti….”
Esistono infine buone pratiche, che, in coerenza con la legislazione, nelle scuole attivano progetti di educazione e consapevolezza, come ad esempio il ciclo di progetti sulla sostenibilità promosso dal comune di Padova tra cui Il Clima nel Piatto che sensibilizza i ragazzi delle scuole secondarie di primo e secondo grado sul tema, partendo dal riflettere su fatto che, per la prima volta sul Pianeta, coesistono obesità e denutrizione, spreco e penuria di cibo. Per riflettere su ciò che si mangia non solo in termini salutistici, ma anche etici ed ambientali.
1) Comprendere come le nostre abitudini di consumatori possano avere una forte ricaduta sull’ambiente e sulle vite dei lavoratori.
2) Offrire esempi di stili di vita più sobri e sostenibili, anche in un’ottica di riduzione degli sprechi.
3) Preferire una dieta sana, varia ed equilibrata.
FONTI
https://www.unicef.it/convenzione-diritti-infanzia/
https://www.padovanet.it/sites/default/files/attachment/Opuscolo%202018%20Web_0.pdf
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